martedì 5 luglio 2016

Il Minardi Day e il successo vero

Pubblicato su CircusFuno il 28/06/16

Laura_MinardiDay_2016
“Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport e quello nel cinema. Il primo è mio e non me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi e che mi ha permesso di fare 120 film.”
C’è una marcata linea che unisce questo pensiero di Bud Spencer, scomparso ieri mentre questi pensieri sparsi si organizzavano, al messaggio del Minardi Day, tenutosi a Imola lo scorso sabato 25: quel che si ottiene con le proprie forze è un patrimonio che non subisce svalutazioni e, anzi, cresce e si rivaluta, fecondo, negli anni. Non solo: c’è qualcosa forse di più sfuggente ma altrettanto duraturo, cioè il riconoscimento del pubblico, l’affetto dei fans, che riesce a superare i limiti delle possibilità intrinseche, siano esse rappresentate da un budget irrisorio per correre un campionato di Formula Uno o dalla ripetitività di una sceneggiatura di un film per famiglie. Il pubblico può decretare il successo al di là di limiti e risultati ma questo accade solo quando dall’altra parte – dello schermo o della pista – c’è qualcuno che ha saputo offrire tutto di sé e inviare un messaggio capace di radicarsi. Così è stato per Bud Spencer, così è per Minardi.
C’è una marcata linea che unisce gente di tutte le età e provenienze; si radunano spinte dalla passione per i motori e si ritrovano nell’intimo affetto per le proprie memorie, sotto le insegne di un leone araldico dorato in campo blu che sormonta un tricolore, sotto le insegne di Minardi. Fra di loro scorre un nastro d’asfalto, una pista: Imola, già lo scrissi, non è un posto come un altro, ma uno di quei luoghi nati per caso che, col tempo, si sono presi un pezzo del cuore di ogni appassionato. E così, grazie a Giancarlo Minardi, sotto il sole rovente del primo, vero sabato d’estate, macchine come non se ne fanno più hanno morso l’asfalto di curve sulle quali non si corre più, facendo rimbombare nell’aria suoni che non si sentono più, cullate dall’entusiasmo di bambini di una volta che, da papà e da nonni, accompagnavano altri bambini, pieni del loro stesso stupore.
Fra piloti di un recente passato, collezionisti, tecnici e progettisti di ieri e di oggi, a Imola, il 25 giugno, scorreva un fiume di circa tremila appassionati, ognuno dei quali cercava un ricordo fra le monoposto in esposizione – che fosse una livrea, uno stemma, una particolare parte aerodinamica o solo un colore squillante – e ha finito per trovarne altri da riportarsi a casa: un autografo, un autoscatto in sala stampa o una nuova amicizia.
Il successo, quello vero, è riuscire a lasciare qualcosa nel cuore di un appassionato, qualcosa che ti spinga a venire e a cercare, fra bellissime vetture storiche e nuove regine dei circuiti, un pezzo di te condiviso con altri sconosciuti, qualcosa che – magari – ti riporti il tuo eroe di quand’eri bambino. Che sia stata la Minardi di Michele Alboreto. O la Dune Buggy di Bud Spencer.
Io, al Minardi Day, c’ero.

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