martedì 5 luglio 2016

I WAS RACING. Ricordatelo, Sebastian!

Pubblicato su CircusFuno il 19/04/16

Vettel Kvyat
L’asfalto, nero di gomma e di adrenalina, si getta in una curva a spirale che si avvolge su se stessa e sui destini incrociati del Gran Premio di Cina, domenica 17 aprile; duecentosettanta metri, dice chi li ha misurati, di spinta forsennata, duecentosettanta decisivi metri. Duecentosettanta metri bevuti d’un fiato in una partenza bruciante, di arroganza magnifica e tempismo agonistico perfetto: le ali, questa volta, le ha messe Daniil Kvyat. Avvolte in una nuvola di sabbione, frustrazione e detriti, le due Ferrari stanno, l’una contro l’altra piantate, catturate fatalmente dall’errore che capita nel momento meno opportuno e contro l’avversario meno auspicabile. La furiosa risalita che ne verrà, disperatamente bella quanto utile solo a non far rovesciare quel po’ di liquido che restava nel bicchiere mezzo pieno rimasto dopo le prime due gare, segnerà il resto della gara.
“I was racing.”
Sembra mormorare, fra le righe delle sue sommesse scuse via radio, Sebastian Vettel, deluso d’aver rovinato la sua gara e quella del compagno di squadra. Ma queste sono le corse e gli incidenti di gara capitano.
“Sono più imbarazzati loro di me”, chioserà, con sintesi sorniona, il Presidente Sergio Marchionne, presente in quel di Shangai, nel commentare l’inopportuna esibizione da bocciodromo offerta dai suoi alfieri alla prima curva. Imbarazzati, sì, aggiungo io, ricordando quella spettacolare sverniciata in parata rifilata ai soprannaturali rivali della Mercedes alla partenza del Gran Premio d’Australia o quella folle meraviglia messa in scena qualche mese fa, allo spegnimento dei semafori del Gran Premio d’Ungheria. La strada verso la vittoria è lastricata di errori, botti, fumate e colpi di sfortuna e non si arriva alla meta senza essersela strameritata con sudore e trascinando il giogo delle critiche: questo sembra l’ammonimento che Nostra Signora delle Corse sta impartendo alla Ferrari e al suo Presidente, finora troppo impegnato a far proclami prestagionali. Queste sono le corse e questo è – per nostra fortuna di spettatori – l’inizio scoppiettante  di un campionato lunghissimo, che si annuncia pieno di gare combattute.
“I was racing!”
Sbotterà, con l’aria di chi non ha intenzione di farsi rovinare la festa, il Driver of the Day Daniil Kvyat addosso a uno scosso Sebastian Vettel che, in maniera poco gentile, lo accuserà, giusto il tempo di saltare giù dalla monoposto, di essersi trasformato in  un pericolosissimo raggio missile con circuiti di mille valvole. Spiace, caro Sebastiano, vedere una persona solitamente giudiziosa, abile, nella maggior parte dei casi, a cavarsela con una battuta, rivestirsi di acrimonia. Spiace, perché la ruota gira e chi di I was racing ferisce, di I was racing perisce: ricordi?
“I was racing, I was faster, I passed him, I won!”
Erano I tempi del famigerato Multi-21, di tutti gli anti-Vettel smemorati che corsero a saltare sulle barricate in difesa dell’imberbe Mark Webber – persona di indubbio valore e sportivo di tutto rispetto, che aveva mille ragioni per lamentarsi, allora –  erano i tempi degli ordini di scuderia vituperati a intermittenza e dei campionati che la Ferrari perdeva per una manciata di punti, dopo lotte sfiancanti contro un mulino a vento – anzi: ad ali – di nome Red Bull. Erano i tempi in cui fu terribile averti come avversario e quelle partenze australiane e ungheresi, capolavori di opportunità e calcolo, me lo hanno ricordato. Lo sai bene anche tu, Sebastiano, che quando l’occasione si presenta l’istinto del predatore da corsa fa sì che il pilota la colga, tutto il resto è la normalità del caso, per cui basta puntare il dito, basta dare addosso a chi, come Danil Kvyat, ha svolto solo il suo mestiere; basta anche a tutti i pro-Vettel, smemorati anche loro alla pari di quegli anti di cui sopra, dei quali sono parenti stretti.
“I was racing, I was faster, I passed him, I won.”
Erano le parole di un giovane, spavaldo e rapace campione del mondo, che descrivevano quel che un pilota – e non un ospite della propria monoposto – è chiamato a fare. Ricordalo, Sebastiano, la prossima volta che lasci uno spazio!

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