mercoledì 20 luglio 2016

Austria e Gran Bretagna: una Ferrari “WANNABE” fra detrito e castigo

Pubblicato su CircusFuno l'11/07/16

If you want my future, forget my past, cantavano, esattamente vent’anni fa, le Spice Girls, fra le cui fila militava l’attuale signora Horner, ammantata di patriottica Union Jack. La Ferrari lo sa bene: rivoluzionata la line up tecnica al grido di “Liberiamo le seconde linee!”, ha goduto di un dolce 2015 appena sufficiente a lenire l’amaro 2014 ed era pronta a dimenticare il passato per gettarsi in un luminoso futuro. Che la luce infondo al tunnel cominci a somigliare, dopo nove gare di una stagione lunga e difficile, al treno che arriva in direzione opposta – calembour, questo,  attribuito a Sergio Marchionne, ah, saporito e letale karma! – è una considerazione che alberga ormai diffusamente anche negli animi degli estimatori duri e puri, suffragata dai fatti, che prendono il posto dei wannabe. Alla Ferrari non sono bastati i mezzi ingenti, due piloti validi e affiatati, una squadra agguerrita e un presidente che ha tutte le intenzioni di recuperare  peso politico all’interno della governance della Formula Uno: di gara in gara, ci si è trascinati in uno scenario non ottimale, ci si accontentava invece di essere contenti, fra problemi di affidabilità e una cronica incomunicabilità fra monoposto e gomme che non sembrano poter essere risolti da nessuna delle soluzioni messe finora in campo.
E così, dopo il detrito del gran Premio d’Austria, è arrivato il castigo del Gran Premio di Gran Bretagna. Cos’è andato storto, a Silverstone, per la Scuderia del Cavallino? Più o meno tutto, in ordine sparso: qualifiche infelici, ciclici cambi di … cambio, litigi con le gomme, penalità assortite, strategie … Un attimo, la strategia, forse, fa eccezione: era talmente azzeccata che l’hanno attuata tutti contemporaneamente, risucchiando i due piloti nel traffico, a lottare fra le lotte degli altri, a ogni cambio gomme.
Per completare il quadro, la gara delle Ferrari era stata compromessa già dalla discutibile decisione della direzione gara di far partire la corsa in regime di Safety Car: è vero che il castrante trenino iniziale ha demoralizzato tutti, ma ha penalizzato in particolar modo chi partiva nel mucchio come Vettel e Raikkonen, i quali, invece, avrebbero potuto avvantaggiarsi di una partenza “normale”, scalando posizioni utili. Senza voler indulgere nel se fosse e ben consapevoli che le gare sul bagnato hanno scritto pagine memorabili del motorsport ma segnato anche indicibili disgrazie, la sicurezza non deve, comunque, diventare un alibi per prendere sempre le stesse decisioni.  A Montecarlo e a Silverstone sono state fatte scelte che cozzano contro lo spirito stesso di uno sport  impastato nel rischio come la Formula Uno; oltre che privare gli spettatori dello spettacolo, si riduce il pilotaggio a un mero esercizio impiegatizio di esecuzione pedestre di un regolamento, che regala emozioni – ma emozioni espresse con parole brutte, molto brutte – solo nel comminare sanzioni a destra e a manca. Mai vista una tale autoreferenziata soddisfazione nello scontentare tutti come in questi ultimi anni.  If you wanna be my lover, you gotta get with my friend, diceva la solita canzone, ma qui, cari Eminentissimi Capoccioni di FIA, FOM e Direzione Gara, stiamo litigando senza requie, altro che amici e amanti!
Alla Ferrari, in conclusione, direi di ascoltare il resto della canzone, soprattutto quando esorta Now don’t go wasting my precious time: cara Ferrari, non perdere altro tempo prezioso a cercare di capire come sia finita sul binario di sviluppo sbagliato, con un treno di disillusione che ti viene contro, perché sei ancora in tempo a tirare la leva dello scambio e saltare sul  binario della rincorsa a Mercedes, sempre che non sia già stato occupato da Red Bull o da qualche altro inseguitore. La risposta alla domanda Tell me what you want, what you really really want è sempre quella:  non basta più tentare, bisogna riuscire.
If you wanna be my lover.

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