In principio furono gentiluomini al volante: rampolli di buona famiglia, come il conte Giannino Marzotto, consumati viveurs che avevano eletto l’automobile – fuoriserie, velocissima, lussuosa – come espressione massima del proprio status e della propria personalità; senza perdere aplomb e buon gusto, i gentiluomini al volante scelsero di contemplare la propria effige riflessa nella lucente carrozzeria di una vettura da corsa invece che in uno specchio da toletta. I gentiluomini al volante furono dannunziani amanti della competizione, ma non piloti: quelli erano gentiluomini del volante.