Per me sono stati, in ordine sparso, Noel Gallagher, i Blues Brothers, Antonio Banderas – versione mariachi vendicatore, non psicanalista per galline – Nico e i Sardi e, last but not
least, Riccardo Patrese. Sì, intendo dire che questi sono i personaggi che mi
hanno aiutato a superare la mia adolescenza, trascorsa in un clima di assurdità à la Ionesco.
Non sciorinerò picodellamirandolescamente sorpassi,
vittorie, pole, duelli all’ultima ruota, episodi e frasi scolpite nella memoria
poiché ero davvero troppo giovane per ricordare almeno una delle gare a cui
Riccardo Patrese da Padova ha preso parte e in questa piazza autarchica che è
il mio blog preferisco inserire, per quelle che pomposamente potrei definire
scelte editoriali, le esperienze e i ricordi diretti o quanto a loro
strettamente collegabile. Immagino, inoltre, che siate ben attrezzati e in
grado di andare a spulciare online una qualche summa della sua carriera.
Riccardo Patrese ha, infatti, un ruolo da prima guida nella pièce della mia
vita perché la sua effigie spenzolò per anni in un punto strategico della mia
camera da letto, avanti al quale dovevo passare obbligatoriamente ogni giorno
prima di uscire per andare a scuola: ogni santo giorno, che stessi bene o male,
che ci fosse compito in classe o interrogazione, che andassi a sottopormi al
martirio di una mezza mattinata di letteratura con il professore delle medie o
di storia e filosofia con uno di quelli delle superiori, io passavo davanti a
lui, che mi dava la sua personale benedizione.
Vai e resta bizzarra – pareva
dirmi – ascolta te stessa e tira un cartone in faccia a quella del banco dietro
a te, che ha preoccupazioni più
importanti di un secco venti a zero a inizio campionato (Mc Laren contro
Ferrari, annata 97: chiunque si sarebbe preoccupato!) e ti contesta basita
perché ti rimetti i vestiti dell’anno passato; resta attaccata allo scoglio
della passione e mostrati orgogliosa dei tuoi interessi, quando il mondo che ti
circonda vorrebbe ridurti allo stereotipo della secchiona inconsapevole; resta
ancora con noi, i cavalieri della Formula Uno, continua ad amarci ma anche ironizzare
su di noi con attaccamento indefesso!
si notino sbrodolamenti e stropicciature quali chiari segni di vita vissuta e, sulla sinistra, le tracce del buco fatto per appenderla |
eh lo so che non è a figura intera, ma questo ritaglio ha la funzione di spoiler alert! |
Il cimelio appartiene all’album di figurine “Formulissima
Agip” edito nel 1990 e distribuito presso le omonime pompe di benzina e sì,
qualora ci fosse bisogno di una conferma io nel
1990 ero una ragazzina che aveva l’album di figurine della Formula Uno
invece che la collezione di Barbie. Che anno era? Che giorno era? A giudicare
dall’espressione stralunata di gioia e stanchezza che traspare dal sorriso
timido e signorile di Riccardo Patrese e dalla dimensione della coppa, la foto
stampata sulla figurina doveva raffigurare una vittoria. Aiuterebbe la
didascalia, certamente presente nella pagina dedicata, ma dove sia finito
l’intero album solo il tempo "pantodamator amaurosei" - "che tutto logora e corrode" -può saperlo; quel che so io è
che questa figurina ha attraversato indenne i magnifici anni Novanta, probabilmente prima dimenticata nell’anfratto
di qualche cassetto, poi rinvenuta e infine appesa, dove restò per anni a
incoraggiarmi.
Per anni, quindi, la figurina di Patrese è rimasta appesa, appunto,
fino a un giorno di fine aprile 2014, quando, nel pieno dei preparativi –
materiali ma soprattutto emotivi – per il Memorial Senna a Imola, qualcosa, un
flash della memoria o una bella mazzata della lira di Simonide di Ceo
direttamente in testa, mi ha fatto ricordare di lei e decidere risolutamente
che no, non potevo partire senza quel cimelio e che no, ancora no, non potevo
tornare senza aver provato a mostrarla a lui, Riccardo Patrese in persona.
Beh, alla fine è così che è andata:
ta - daaaaa! |
Sala stampa gremita,
vado curiosando dopo aver lasciato il consorte in tribuna a vedersi la sfilata
delle granturismo; sento un tipo dell'organizzazione dire a un altro: "Ok,
ora tu vai dentro, prendi Riccardo (Patrese) e lo porti via!". Si doveva
tenere la partita della Nazionale Piloti e realizzo di dovermi muovere.
Con grazia abruzzese (vale a dire considerando
gli altri fans assiepati alla stregua di branchi di
pecore pascenti) e sfruttando la mia struttura fisica, riesco a intrufolarmi al
suo cospetto mentre firma autografi.
Arriva un tale avanti a me con librone di foto
d'antan.
Fan: "Riccardo, una firma!"
Patrese: "Ma ragazzi, voi venite con roba
d'antiquariato!"
Coro degli astanti: "Suzuka! Grande vittoria!
Grande Riccardo!"
Applausi e commozione, foto con bambini, il tipo
dell'organizzazione lo prende, mi incoraggio e dico:
"Loro han roba d'antiquariato, ma io ho la
reliquia!"
E caccio la mia figurina della serie Formulissima
che lui mi firma guardandomi tutto sommato ... ammirato. Anche gli altri fan mi
guardano ammirati. (N.d.r.: a posteriori
ritengo che pensassero tutti che avessi derubato un padre o un fratello
maggiore in qualche maniera cruenta, visto il piglio che ho adoperato)
"E' stata appesa in camera mia per
vent'anni circa - dico - in modo che la vedessi ogni giorno che mi alzavo.
C'era compito di greco? Coraggio, c'è Patrese!"
Coro dei fan:
"Riccardo è Riccardo! Grande Riccardo!!!"
E lui se ne va ringraziandomi, prima di cadere fra
le braccia del Modena Motors Club che lo rapisce al tipo dell'organizzazione.
Ora la reliquia riposa in un album di cose preziose nella
mia nuova casa coniugale, lasciando la cameretta da ragazza ancora un po’ più
spoglia; in questo modo però può essere tirata fuori rapidamente per ogni
evenienza, per esempio per il prossimo incontro. Già mi vedo approcciare il
malcapitato al grido di Ehi, Riccardo
Patrese, sono la ragazza con la figurina, possiamo farci una foto?
Nel frattempo, grazie di tutto Riccardo Patrese, vero gran
signore delle piste.
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