giovedì 16 ottobre 2014

Stay strong Jules Bianchi


Il Gran Premio del Giappone edizione 2014 è stata una brutta gara: poche manovre significative, esiti eteroguidati dalla pioggia e dalla safety car, durata drogata dalle interruzioni, rischio incidenti … Incidenti, appunto.
Sullo schianto di Jules Bianchi contro la ruspa che recuperava la Sauber incidentata di Adrian Sutil sono stati sparsi fiumi d’inchiostro ma la perfetta sintesi di quella vicenda è, secondo me, contenuta nelle parole di Alain Prost, che riporto:

Ero furioso e completamene scioccato a causa dell’incidente. Esiste una procedura, ma le condizioni meteo stavano peggiorando con sempre più acqua e quindi la visibilità continuava a diminuire. In queste condizioni, vista tutta l’esperienza che hanno in termini di sicurezza, dovrebbero ridurre a zero i rischi“.

Dopo vent’anni esatti da quel tragico week end di Imola ci troviamo di nuovo impietriti e mortificati di fronte a questo incolpevole, nuovo Roland Ratzenberger degli anni Duemila. Come – ci si chiede – ma queste cose non sarebbero più dovute accadere? E invece c’è chi come Robert Kubica, giustamente, ci ammonisce che incidenti come questi fanno parte del rischio connesso al motor sport e che ne sono una componente ineliminabile.

Quel che sul serio mi maldispone è che la ruota del destino pesta alla cieca chi gli pare e che schiere di piloti paganti con il dito opponibile saranno pronti alla finestra, scalpitanti perché un sedile s’è liberato, con il beneplacito di questo sistema Formula Uno che poco ha a che fare con il sacro credo di noi tutti appassionati.

Sono stata a dieci metri da Jules Bianchi il giorno delle celebrazioni dei vent’anni della morte di Ayrton Senna a Imola, il primo maggio 2014 e ho anche qualche foto super zoomata della commemorazione alla Tamburello e della partitella di calcio a cui ha preso parte qualche ora più tardi. Persona di valore, talentuoso ma soprattutto, dal punto di vista di una zia divanista, uno al quale grideresti volentieri oh ti prego sposa una delle mie nipoti!



Insomma stay strong Jules: per te, per la tua famiglia, per la tua squadra, per i tuoi colleghi piloti, per noi spettatori tifosi e per il cielo del Giappone, che quel pomeriggio ha iniziato a piangere e non riusciva a smettere.


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