mercoledì 30 settembre 2015

Gp Giappone: Alonso fra sfoghi e ingranaggi. Non sempre si può vincere

pubblicato su circusf1 il 28/09/15

Che qualcuno mi spieghi, se possibile, cosa sarebbe uno “sfogo controllato”. Dal momento che le rassegne sul motorsport non ospitano disanime sulla sintassi – e nemmeno la sintassi, spiace notarlo, in molti casi - ritengo che non si trattasse di una disamina sulla figura retorica dell’ossimoro - che viene usata qualora si accostino due concetti dal significato antitetico, se non opposto, per rafforzare un concetto, come nell’abusatissima espressione silenzio assordante. Ritengo, invece, che si trattasse dell’ennesima esternazione fiorita sull’ennesima polemica ai margini di un ennesimo Gran Premio che poche sorprese ha regalato all’osservatore affamato di clamore.

Se non addiveniamo a una definizione concettuale, però, spiegatemi, per piacere, come realizzare in pratica uno “sfogo controllato”; penso che sarebbe molto utile nella nostra iperstimolata società e nella mia piccola esistenza da consulente di provincia trovare una via che ci consenta, che so, di rappresentare i nostri sentimenti in coda al Catasto abbandonandoci sì all’impeto del momento ma mantenendo l’invidiabile aplomb di un ufficio stampa scandinavo.
Un paio di cose cercherò di spiegarle io, allora, e lo farò in termini canterini, visto che questa settimana s’è fatto un gran … cantare a proposito del post gara di Singapore: la questione non è tanto un “bisogna saper perdere” quanto un “non sempre si può vincere”. Per come la vedo io un fuoriclasse, un numero uno vero, non imparerà mai a perdere. Non può. Né può essere appagato dall’arrivare sempre secondo, come ci ricordava un Uomo Saggio, ammonendoci che il secondo è il primo dei perdenti; chiedere per conferma a Eratostene, per noi un genio ma per i suoi contemporanei niente più che un Beta, uno che era il secondo migliore in tutto. Che non sempre si possa vincere fa, invece, parte intrinsecamente dello sport: può non piacere ma non si compete se non si contempla la sconfitta fra le opzioni.
Fernando Alonso sa bene che non sempre si può vincere per cui non cercate di insegnargli a forza che bisogna saper perdere. Non si può. Pur di non restare un Eratostene in Rosso, ha preferito inerpicarsi in un sentiero in salita che si è rivelato ben più scosceso del previsto, dal quale scorge chiaramente la sua Nemesi in Nero pareggiare Senna a Suzuka e involarsi verso il suo terzo titolo mondiale. Il terzo titolo mondiale che anche lui vuole, come Senna che anche lui idolatrava, in quella Suzuka che era stata sua.
Da quel sentiero sente ancora più chiaramente la sua Nemesi Bionda rendere allegro e bellissimo quel mondo che lui sentiva alieno e frustrante. Di qui lo sfogo, i we look like amateurs, il gp2 engine; sfogo che qualcuno avrebbe voluto “controllato”, sfogo che – a parere di chi scrive – non poteva essere altro che incontrollato.
Detto quanto sopra e fuori di sintassi, se in questa plutocrazia tecnologica che è, attualmente, il nostro Circus conta ancora qualcosa che non siano gli ingaggi miliardari e le polemiche del lunedì, vorrei che il prossimo principe della velocità, prima di affannarsi a spargere scuse riparatorie per la rete, pensasse a quelle migliaia di ingranaggi che mandano avanti la grande macchina, che nell’oscurità vedono frustrato dalla mancanza di risultati anche il loro lavoro. Poi, magari, potrà anche darsi allo sfogo. Incontrollato, ma privato.

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