pubblicato su circusf1 il 22/09/15
Se la Formula Uno è tutta un film, allora prima di sedermi
in sala dico cosa mi piacerebbe vedere.
Mi piacerebbe vedere un campionato aperto e combattuto fino alla conclusione, in cui tutte le
variabili concorrono a uno spettacolo avvincente e non a condizionarne
pesantemente gli esiti; penso alle gomme di cartapesta o alla querelle sui
cosidetti “diffusori furbetti”.
Mi piacerebbe vedere piloti sempre all’attacco, che siano ultimi ma soprattutto che siano
primi, perché l’appassionato vede nelle corse la metafora della vita, dove si
perde, si vince, si corre, si rallenta ma non ci si ferma mai se non costretti
e non si spiega il senso di ordini di scuderia o ritiri compiacenti.
Mi piacerebbe vedere una gara nella gara fatta di ricerca,
tecnologia, innovazione, con squadre che sperimentano
per progredire, con test controllati ma non limitati.
Mi piacerebbe vedere regole
certe, eque e serie, fatte rispettare con logica e buon senso, con la
severità non relegata solamente al cerimoniale.
E poi capita di vedere il Gran Premio di Singapore, con le
sue safety car virtuali, le suadenti ombre della sera mescolate a quelle
maleodoranti del crash-gate, il budello cittadino dove si sorpassa solo in
undercut ai box, la successione di curve più asfissiante del clima che vanifica
la potenza in favore degli assetti. Là, dove si dà in gestione una gara del
massimo campionato a un’organizzazione che non è in grado di impedire che
qualcuno scenda a farsi una passeggiata in rettilineo, ma ci si scandalizza per
una festa dilagante e una bandiera.
E poi capita di vedere il Gran Premio di Singapore, dove il
campione del mondo in carica chiede di ritirarsi perché non può vincere, mentre
la scuderia che ha ovunque mostrato una superiorità schiacciante galleggia
indecorosamente a mezza via, perdente anche nelle dichiarazioni post gara. Là,
dove i ragazzini disobbedienti hanno la meglio mentre gli uomini di esperienza
e talento patiscono le scellerate inadeguatezze tecniche delle proprie squadre.
E poi capita di vedere la Ferrari. La vedi, la senti, ti scuote. Dal venerdì. Dal sabato. Pole, vittoria, sempre in testa,
il giro veloce perso con il sorriso, da un sorriso. Come non si vedeva da
tempo, come prometteva da tempo. Finalmente, stavolta, mantiene.
Se la Formula Uno è come un film, mi piacciono quegli
spettacoli in cui un a bella messa in scena e il talento dei protagonisti
sopperiscono a una sceneggiatura limitata, con un finale degno delle promesse
del trailer. E anche con quegli Italiani che fanno sempre rumore!
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