Post che inaugura l'egotica "SezioneLaura" pubblicato originariamente su circusf1 il 14/09/15
“Sezione” come spazio
ma anche come “Sezione Aurea”, l’unità di misura della proporzione in natura.
“SezioneLaura” è lo spazio virtuale in cui si raccontano storie passate al
vaglio della mia personale unità di misura.
Presto o tardi ci si accorge se un nuovo attore protagonista
ha fatto il suo ingresso sul palcoscenico del motor sport; non è difficile
individuarli: talento sbalorditivo, carisma indiscutibile, volontà di ferro,
fame agonistica e abnegazione sopra le righe ne stabiliscono la superiorità. Ci
sarebbe, poi, anche, il mezzo, una componente divenuta preponderante – troppo,
per fortuna o purtroppo – negli ultimi decenni, ma c’è stato un tempo in cui
uomini straordinari su monoposto non all’altezza hanno reso memorabili le
nostre bigie domeniche pomeriggio, e tutti, prim’attori e comprimari, fecero sì
che valesse la pena sedersi in platea e attendere che il sipario venisse
aperto.
Alain Prost è stato
un attore protagonista assoluto che si è fatto largo in un palcoscenico
affollato da altri prim’attori leggendari: Lauda, Mansell, Piquet. E Senna,
naturalmente. Destreggiandosi fra compagni di squadra arrembanti e mezzi non
sempre all’altezza, non disdegnando di bersagliare gli avversari a sportellate
e anche a colpi di Balestre, senza mai preoccuparsi di scatenare in esperti e
appassionati le più accese e opposte reazioni, Alain Prost ha conquistato ben
quattro titoli mondiali misurandosi con quei quattro grossi calibri e un
abbondante parterre di comprimari validissimi e rocciosi, perdendone almeno un
altro paio per un soffio, come il titolo del 1984 sfumato per solo mezzo punto.
Calcò le scene in quella che, secondo alcuni, fu l’epoca
d’oro delle corse, un’epoca in cui si assisteva a gare come il Gran Premio del
Sudafrica del 1982, della quale fu protagonista: costretto ai box per due volte
a causa di due forature in giri successivi,
Prost rientrò in pista con un distacco di un giro dal compagno di
squadra e leader della corsa Arnoux, ma in venticinque giri o giù di lì, a
bordo della sua Renault, sorpassò uno a uno tutti quelli che gli erano davanti,
incluso Arnoux, stravincendo la gara. Non voglio provocare un ingeneroso e
insensato paragone su cosa accada oggi a un pilota penalizzato da una foratura
in gara – e in quel caso furono due - intendo invece rimarcare che in pista
c’era gente come Reutemann, Pironi, Lauda, Piquet, Villeneuve, Patrese o
Alboreto, con monoposto motorizzate Cosworth, BMW, Ferrari, non piloti paganti
a bordo di vetture non competitive. Doppiato, vinse: tutto il resto, come poetò
il suo illustre conterraneo Paul Verlaine, è letteratura.
La sceneggiatura della sua personale pièce teatrale era
stata avvincente e appagante, ma per il razionale Professore delle corse erano
previsti colpi di scena intensi e il prepotente irrompere di ciò che di meno lo
aveva coinvolto nella sua carriera: i sentimenti. Quelli che calpestò e quelli
che scoprì per se stesso, che rimandiamo al prossimo Atto Secondo.
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