Pubblicato su circusf1 il 01/10/15
La notizia strisciò per mesi, poi si mostrò qual era: il
Binomio sarebbe tornato. Mc Laren e Honda di nuovo insieme per celebrare ancora
una delle più munifiche relazioni della storia della Formula Uno, Mc Laren e
Honda di nuovo insieme nella nuova era dei motori turbo ibridi.
Honda - The power of dreams, Believe in McLaren sono stati
gli slogan che hanno accompagnato la preparazione alla stagione 2015. Potere
dei sogni, crederci. Gli slogan, però, sono rimasti tali, perché un duro
risveglio è stato riservato alla rinnovata coppia: guasti, incidenti,
confusione tecnica, penalità, malumori, delusioni, proteste, lamenti e
irresistibili quanto dolorosissime battute di spirito stanno segnando un
campionato maledetto, nato male e proseguito peggio nonostante gli auspici.
Cosa resta del sogno? Restano uomini caparbi ai quali chi
scrive augura di continuare a percorrere la strada tracciata da coloro che vi
diedero origine. Cenerentola, fatti in là, con i tuoi sogni che son desideri:
nessuno può rendere meglio l’idea di credere nei propri sogni di Bruce Mc Laren
e Soichiro Honda.
Ben prima che I dreamed a dream strappasse cuori a mezzo
mondo cantando di vite ingrate che uccidono i sogni di gioventù, c’è stato un
uomo che alla sua vita ingrata, che s’accanì contro di lui, si oppose a muso
duro, raccolse da terra i suoi sogni abbattuti, ne fece stampelle e, dagli
Antipodi, se ne andò per mezzo mondo danzando fra le curve.
Bruce Mc Laren nacque in una Nuova Zelanda che non era
ancora diventata il paradiso perduto della Terra di Mezzo tolkjeniana o la meta
esotica ma non troppo per viaggi quasi avventurosi ma non ordinari. Nacque
povero, figlio di un meccanico appassionato di corse, poi una malattia lo rese
quasi invalido. Quasi, perché il giovane, brillante e talentuoso Bruce era
dotato di una volontà enorme che sovrastava tutte le sue pur eccellenti qualità
e nella Nuova Zelanda di fine anni quaranta sconfisse correndo un male che
avrebbe dovuto impedirgli di camminare. Correndo in auto.
Chissà se la pittoresca mandria che ogni anno affolla il
colorato e multiforme Festival of Speed di Goodwood sa che nel circuito
omonimo, un giugno crudele tagliò definitivamente la strada a un uomo che
sembrava poter fare qualunque cosa. Un uomo che fu pilota, costruttore,
ingegnere, sognatore, stratega, genio, imprenditore e appassionato. Un uomo che
costruì leggende per leggende: uno fra tutti, Senna.
Se volete una misura della grandezza di Bruce Mc Laren e
della sua eredità, la Scuderia che ne porta il nome, guardate non soltanto i
numeri, ma l’arco temporale in cui furono realizzati: qualcosa come 12 titoli
piloti, 8 costruttori, 4 titolo mondiali consecutivi, 182 vittorie – di cui 16
per modello di vettura e 11 consecutive, record finora imbattuti, e 15 in una
stagione composta da 16 gare – 47 doppiette di cui 10 consecutive e 155 pole,
di cui 24 consecutive. Il tutto a partire dal 1963, con la maggior parte dei
successi concentrati in appena 34 anni, dal 1974 al 2008. La Mc Laren è,
insieme alla Mercedes, la sola Scuderia che abbia ottenuto almeno una vittoria
nelle tre massime competizioni automobilistiche: Formula Uno, Cinquecento
Miglia di Indianapolis e Ventiquattrore di Le Mans, senza contare le
innumerevoli vittorie nel Campionato Can Am e in Oceania.
Nel Dopoguerra, in Italia era stata la Vespa a rimettere in
moto una nazione. La progettò un ingegnere abruzzese, Corradino D’Ascanio, che
finì per odiare la sua creatura perché
gli tolse spazio per perfezionare e promuovere quella che era la sua invenzione
più amata, l’elicottero. In Giappone fu il figlio di un meccanico di
biciclette, che intuì che al Paese, prostrato dalla Guerra, serviva un mezzo di
locomozione agile ed economico, così iniziò a produrre telai per cicli e
motocicli; in capo a una quindicina d’anni, Soichiro Honda diventò
l’industriale che sbancò il mercato delle moto negli Stati Uniti, quindi nel
mondo.
Anticipando le moderne corporation e i loro proclami frutto di pregevoli copia-incolla di new age,
ambientalismo, umanesimo di ritorno e bigliettini dei Baci Perugina, Soichiro
Honda volle che per la sua azienda, nel 1956, fosse stilata una Carta dei
Principi, basata sul Rispetto per l’Individuo e sulle Tre Gioie - di comprare,
di vendere e di creare. Con abilità tutta giapponese fuse abnegazione, spirito
di sacrificio ed eccellenza con l’idea di un individuo realizzato nella gioia e
ne tirò fuori un’azienda solida e innovativa.
Non è un caso se una delle piste più belle e amate del mondo
sorga in un parco divertimenti di proprietà della Honda,perché fa parte del
disegno: agonismo, battaglia, vittorie, sconfitte ma anche spensieratezza,
divertimento. Gioia.
Soichiro Honda salutò il mondo nel 1991. Fece in tempo a
godersi quel brasiliano magico realizzare in pista – e soprattutto nella sua
Suzuka – quel disegno che lui aveva immaginato per la sua azienda. Sogni,
gioia.
Cosa resta del sogno in questa lugubre stagione 2015, che a
tutto fa pensare fuorché alla gioia, che più che il potere dei sogni richiama
la protervia degli incubi? Restano gli uomini che non si arrendono, come Bruce
Mc Laren e come Soichiro Honda.
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