venerdì 2 ottobre 2015

SezioneLaura - McLaren e Honda: quel che resta del sogno

Pubblicato su circusf1 il 01/10/15

La notizia strisciò per mesi, poi si mostrò qual era: il Binomio sarebbe tornato. Mc Laren e Honda di nuovo insieme per celebrare ancora una delle più munifiche relazioni della storia della Formula Uno, Mc Laren e Honda di nuovo insieme nella nuova era dei motori turbo ibridi.

Honda - The power of dreams, Believe in McLaren sono stati gli slogan che hanno accompagnato la preparazione alla stagione 2015. Potere dei sogni, crederci. Gli slogan, però, sono rimasti tali, perché un duro risveglio è stato riservato alla rinnovata coppia: guasti, incidenti, confusione tecnica, penalità, malumori, delusioni, proteste, lamenti e irresistibili quanto dolorosissime battute di spirito stanno segnando un campionato maledetto, nato male e proseguito peggio nonostante gli auspici.
Cosa resta del sogno? Restano uomini caparbi ai quali chi scrive augura di continuare a percorrere la strada tracciata da coloro che vi diedero origine. Cenerentola, fatti in là, con i tuoi sogni che son desideri: nessuno può rendere meglio l’idea di credere nei propri sogni di Bruce Mc Laren e Soichiro Honda.
Ben prima che I dreamed a dream strappasse cuori a mezzo mondo cantando di vite ingrate che uccidono i sogni di gioventù, c’è stato un uomo che alla sua vita ingrata, che s’accanì contro di lui, si oppose a muso duro, raccolse da terra i suoi sogni abbattuti, ne fece stampelle e, dagli Antipodi, se ne andò per mezzo mondo danzando fra le curve.
Bruce Mc Laren nacque in una Nuova Zelanda che non era ancora diventata il paradiso perduto della Terra di Mezzo tolkjeniana o la meta esotica ma non troppo per viaggi quasi avventurosi ma non ordinari. Nacque povero, figlio di un meccanico appassionato di corse, poi una malattia lo rese quasi invalido. Quasi, perché il giovane, brillante e talentuoso Bruce era dotato di una volontà enorme che sovrastava tutte le sue pur eccellenti qualità e nella Nuova Zelanda di fine anni quaranta sconfisse correndo un male che avrebbe dovuto impedirgli di camminare. Correndo in auto.
Chissà se la pittoresca mandria che ogni anno affolla il colorato e multiforme Festival of Speed di Goodwood sa che nel circuito omonimo, un giugno crudele tagliò definitivamente la strada a un uomo che sembrava poter fare qualunque cosa. Un uomo che fu pilota, costruttore, ingegnere, sognatore, stratega, genio, imprenditore e appassionato. Un uomo che costruì leggende per leggende: uno fra tutti, Senna.
Se volete una misura della grandezza di Bruce Mc Laren e della sua eredità, la Scuderia che ne porta il nome, guardate non soltanto i numeri, ma l’arco temporale in cui furono realizzati: qualcosa come 12 titoli piloti, 8 costruttori, 4 titolo mondiali consecutivi, 182 vittorie – di cui 16 per modello di vettura e 11 consecutive, record finora imbattuti, e 15 in una stagione composta da 16 gare – 47 doppiette di cui 10 consecutive e 155 pole, di cui 24 consecutive. Il tutto a partire dal 1963, con la maggior parte dei successi concentrati in appena 34 anni, dal 1974 al 2008. La Mc Laren è, insieme alla Mercedes, la sola Scuderia che abbia ottenuto almeno una vittoria nelle tre massime competizioni automobilistiche: Formula Uno, Cinquecento Miglia di Indianapolis e Ventiquattrore di Le Mans, senza contare le innumerevoli vittorie nel Campionato Can Am e in Oceania.
Nel Dopoguerra, in Italia era stata la Vespa a rimettere in moto una nazione. La progettò un ingegnere abruzzese, Corradino D’Ascanio, che finì per odiare la sua creatura  perché gli tolse spazio per perfezionare e promuovere quella che era la sua invenzione più amata, l’elicottero. In Giappone fu il figlio di un meccanico di biciclette, che intuì che al Paese, prostrato dalla Guerra, serviva un mezzo di locomozione agile ed economico, così iniziò a produrre telai per cicli e motocicli; in capo a una quindicina d’anni, Soichiro Honda diventò l’industriale che sbancò il mercato delle moto negli Stati Uniti, quindi nel mondo.
Anticipando le moderne corporation e i loro proclami  frutto di pregevoli copia-incolla di new age, ambientalismo, umanesimo di ritorno e bigliettini dei Baci Perugina, Soichiro Honda volle che per la sua azienda, nel 1956, fosse stilata una Carta dei Principi, basata sul Rispetto per l’Individuo e sulle Tre Gioie - di comprare, di vendere e di creare. Con abilità tutta giapponese fuse abnegazione, spirito di sacrificio ed eccellenza con l’idea di un individuo realizzato nella gioia e ne tirò fuori un’azienda solida e innovativa.
Non è un caso se una delle piste più belle e amate del mondo sorga in un parco divertimenti di proprietà della Honda,perché fa parte del disegno: agonismo, battaglia, vittorie, sconfitte ma anche spensieratezza, divertimento. Gioia.
Soichiro Honda salutò il mondo nel 1991. Fece in tempo a godersi quel brasiliano magico realizzare in pista – e soprattutto nella sua Suzuka – quel disegno che lui aveva immaginato per la sua azienda. Sogni, gioia.

Cosa resta del sogno in questa lugubre stagione 2015, che a tutto fa pensare fuorché alla gioia, che più che il potere dei sogni richiama la protervia degli incubi? Restano gli uomini che non si arrendono, come Bruce Mc Laren e come Soichiro Honda.

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