Pubblicato originariamente su circusf1 il 17/09/15
Alain Prost ha vissuto una carriera agonista lunga e
intensissima, fra kart, Formula Renault, Formula Uno e Formula Andros; ha
gareggiato come costruttore nel massimo campionato senza molte fortune, ma è a
lui che il nostro – e mio - Jarno Trulli deve i suoi primi punti iridati. Imbattibile
stratega, concepiva il lavoro del pilota come qualcosa di inscindibile dalla
partecipazione alle fasi di progettazione e messa a punto. Abile politicamente,
sapeva essere un lottatore coriaceo pronto a battersi contro le sentenze emesse
dalla pista, come dimostrano i due incidenti con Senna nei Gran Premi del
Giappone del 1989 e del 1990, che segnarono per sempre un solco fra le due
stelle e separarono in due blocchi distinti e contrapposti il popolo del
motorsport.
Quando, nel 1990, l’acclamato Professore campione del mondo
fece il suo ingresso a Maranello, fu subito chiaro che il popolo rosso avrebbe
dovuto attendere un altro anno per avere un Francese da amare – nella persona
di Jean Alesi – perché Prost viveva il suo agonismo con fierezza e schiettezza
da prim’attore, incurante di ferire qualche cuore romantico con atteggiamenti e
dichiarazioni. Il 20 ottobre 1991, però,
i sentimenti che tanto abilmente e risolutamente aveva oltrepassato irruppero
nella sua vicenda personale e sportiva; sentimenti condivisi anche da chi
scrive. Quando, quel giorno, definì la Ferrari “orribile camion” spezzò il cuore a un’appassionata dodicenne che
aveva udito lo sprezzante appellativo alla televisione e, come innumerevoli altri
ascoltatori, come anche il Grande Vecchio, non capì e non perdonò. Alain Prost,
però, ne era ben conscio. Sapeva cosa
comportava, sapeva che non sarebbe stato perdonato; se ne andò o fu cacciato,
quale che sia, fatto sta che aveva ragione.
Non si può impedire, però, ai sentimenti di debordare,
soprattutto se promanano dall’Antagonista, dall’altro prim’attore: quello
bello, magnetico, mistico. Abbiamo tutti negli occhi le immagini di un Prost
per la prima volta nella sua vita titubante di fronte all’offerta di un disteso
Senna di condividere con lui il gradino più alto del podio della gara di
Adelaide, nel 1993: sarebbe stata l’ultima gara del Professore, che si ritirava
da campione del mondo, e il suo avversario più fiero, la sua nemesi, gli
rendeva l’onore delle armi. Quel riconoscimento, più di ogni Legion d’Onore,
più di ogni titolo del mondo, sancì definitivamente la grandezza di Alain
Prost, che ne fu profondamente toccato.
Sembrava un sabato
qualunque, un sabato italiano quel 30 aprile 1994 quando Alain Prost si
sedette in cabina di commento a seguire in diretta le qualifiche del Gran
Premio di San Marino per l’emittente TF1; certo, il giorno prima c’era stato
quel tremendo incidente al giovane Barrichello, ma il pilota ne era uscito
tutt’intero. Chissà se il Professore si sentisse coinvolto nel duello fra l’ex
avversario Senna e quel giovane, arrembante tedesco di nome Schumacher o se vi
assistesse con compassato distacco, però non fu indifferente quando sentì che
proprio Senna, prima di firmare l’ennesima pole position, lo salutò dall’abitacolo
dicendo più o meno “Ti saluto, Alain, amico mio, mi manchi!”. Con quella frase
nelle orecchie, gli toccò raccontare al pubblico quel che l’ineluttabile Fato
mise in scena in quel tragico, definitivo week end. Con quella frase nel cuore
si separò per sempre dall’Antagonista diventato Immortale, accompagnandone a
spalla il feretro verso i circuiti dei Campi Elisi.
Cos’è un attore protagonista senza il suo primo antagonista?
Come si affronta una sceneggiatura che è diventata bruscamente un monologo?
Guardate Alain Prost e avrete la risposta, gentili spettatori.
Sipario, anzi, come si dice in Francia: rideau!
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