mercoledì 2 dicembre 2015

Il Gran Premio del Brasile e la sua rassicurante noia

Pubblicato su CircusF1 il 17/11/15

Ancora una volta i cancelli dell’autodromo Carlos Pace si sono aperti e chiusi su un week end di Formula Uno, lì, a Interlagos, dove il Circus ha piantato e levato le sue multicolori tende. Ancora una volta a San Paolo, Brasile, terra di gioia infinitamente ricca di ogni genere di risorsa e traboccante di cultura e passione per il motorsport.

Ancora una volta la Formula Uno ha messo in scena un abituale canovaccio, fatto di pubblico caloroso, pista sinuosa, discutibili novità in griglia, strombazzate cronache sulla vita extralavorativa del lucciante monarca in carica e spettacolarità latente; poco altro in più, del resto, avendo questo campionato agli sgoccioli esaurito ormai tutti gli argomenti.
Ancora una volta, dunque, ci troviamo a commentare il finale di una domenica già scritto dalle prime ore del venerdì, con il brio delle posizioni più arretrate a far da contraltare alla fissità di quelle di testa; ancora una volta cerchiamo sinonimi per definire il dominio Mercedes, la rincorsa della Ferrari, la via crucis della McLaren Honda o il vagare della Red Bull.
Ancora una volta e più che mai in Brasile, nella sua San Paolo, ci si rende conto che volendo accostare Ayrton Senna a qualsivoglia elemento della Formula Uno attuale non si dovrebbero usare parole quali “eguagliare”, “superare” o “somigliare”; qui, dove lo spirito immortale di Magic , più che memoria, è aria che si respira.
Ancora una volta e soprattutto in questo fatale e tragico metà novembre, quanto senso ha guardare venti giovani miliardari inseguirsi su un nastro d’asfalto, nella speranza che un’ala mobile regali loro un sorpasso? Nessun senso? No, tutto il senso del mondo, perché, se, da un lato, il motorsport non potrà essere la risposta allo sgomento e alla rabbia impotente che proviamo quando dalla notte della civiltà mani assassine si levano a colpirci, dall’altro il motorsport è ciò che ci aggrega nella nostra passione assieme ad altri appassionati, vicini e lontani, divertendoci con le apocalissi di Maldonado, l’intraprendenza di Verstappen, l’iconografia della nonna di Barrichello o le gesta social di Alonso, così come il calcio, la musica o il piacere di cenare assieme agli amici avevano unito, quella sera, centinaia di persone a Parigi, liberi e incolpevoli. Domenica la rassicurante noia del Gran Premio del Brasile ci ha accolto come un abbraccio tranquillizzante, dandoci ristoro dall’orrore con un’iniezione della nostra normalità perduta.
Ancora una volta una stagione è finita mentre la successiva è già iniziata, nei piani delle Scuderie e nelle aspirazioni dei tifosi; pensare la futuro e costruirlo giorno per giorno sia il nostro insignificante contributo contro l’idea di annientamento di ogni genere di futuro.

Arrivederci ancora una volta, Interlagos. Au revoir, Paris.

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