mercoledì 29 luglio 2015

Hungaroring 2015 - Angeli e uomini

Post pubblicato il 27/07/2015 su www.circusf1.com a questo link


Doveva essere, questa in Ungheria, l’ultima gara prima di un alleggerimento dell’assistenza elettronica nella procedura di partenza, primo tentativo, più che altro di buona volontà, verso una Formula Uno meno asfissiata dalla tecnologia. A Spa, vedrete - dicevano – cambieremo le cose. A Spa, vedrete – dicevano diverse Scuderie – faremo debuttare il nuovo motore, gli aggiornamenti, la versione evoluta della monoposto. A Spa, al massimo a Monza, vedrete la macchina, ma, soprattutto, rivedrete l’uomo.

A Budapest – dicevano – vedrete il solito.

Niente di solito e niente di atteso, è invece, avvenuto a  Budapest: non hanno vinto la macchina migliore, né il pilota più forte, né la squadra più motivata, né le strategie più accorte; non ha vinto la Ferrari, nossignore, né Vettel, né la Red Bull. Nel Flegetonte d’Ungheria ha vinto l’uomo.

Ha vinto l’uomo Rosberg, che, nell’abbraccio collettivo dedicato al commosso ricordo di Jules Bianchi, ha scelto di allacciarsi ad Hamilton, lo scomodo rivale, perché quando un compagno di sogni e avventure ci lascia in quel modo i duelli rusticani smettono di avere un valore. Ha vinto l’uomo Kvyat,  giovane, talentuoso ed emergente ma oscurato – sia dal fumo delle power units Renault che dal clamore suscitato dai pur solidi Verstappen e Sainz – e ora di nuovo baciato dal sole. Ha vinto l’uomo Ricciardo, al quale la lotta nel budello ungherese, più che il podio, ha ridato il sorriso. Ha vinto l’uomo Hamilton, ma sì, che sbaglia, forza, tenta di rimediare, sbaglia ancora, esagera, viene castigato, rimonta, si arrende e fa mea culpa. Ha vinto l’uomo Raikkonen, che forse ha finalmente capito cosa significa quel sedile rosso e vuole meritarselo; i tifosi ti amano già, ora cerca di farti anche ricordare. Ha vinto l’uomo Alonso, più forte di tutto: della balbettante Honda, delle salite – della pista e della vita – delle critiche, della sfortuna, del tempo che gli renderà merito: bentornato hidalgo!

Ha vinto l’uomo Vettel, con una partenza piratesca, millimetrica e guascona, per niente conservativa, per niente calcolatrice, per niente da macchina; ha vinto l’uomo Vettel, con le sue lacrime e le sue dediche. Mi sentite? Sì, ti sentiamo, e non solo con le orecchie. Finalmente sentiamo l’uomo Vettel, al quale serviva la Ferrari per non essere più solo quel precoce aggeggio tritura-record che filava a bordo dell’astronave bibitara.

All’Hungaroring si è corsa una gara di uomini. Di uomini e di angeli. Uno fra tutti, anche lui in sella a quel Cavallino, a preoccuparsi che nulla, o quasi nulla, ne turbasse la vittoriosa cavalcata. Merci, Jules, au révoir.

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