venerdì 24 luglio 2015

Specchiamoci

Rimbalzato da Twitter, sciolto dal caldo e portato via dalle lacrime che l'intera Formula Uno ha versato per Jules Bianchi - qui il mio ricordo, molto personale pertanto molto difficile da scrivere - mi è ritornato in mente questo pezzo, in cui l'ottimo Luca Manacorda riprende una dichiarazione di David Coulthard piuttosto recente. 
Ora, premesso che dare ragione a Coulthard mi provoca i sintomi dell'orticaria per una mai sopita sindrome allergica da avversariite acuta - che ha avuto il suo picco a Spa '98 - non sono la sola a pensare che "la perfezione è noiosa" e che "la gente vuole i caratteri".
Gli spettatori vogliono "vittorie, sconfitte, guasti, errori, incidenti, polemiche", continua Coulthard. Documentato, Assodato: basta fare un giro fra i commenti delle principali pagine e testate che parlano di Formula Uno - e anche qui, magari - ma ... Incidenti?
Senza drammatizzare eccessivamente, se per incidenti s'intende qualche sportellata in più, un duello al limite, una lotta più avvincente punto su punto che non venga biecamente sanzionata a colpi di strisce valicate o sottolineata da piagnistei via radio, una via di mezzo fra la Maldonado Way of Races e un tipico Gran Premio dei nostri tempi, beh, niente di nuovo né di sconvolgente.
Sarà, però, lo strazio di questo lutto, unito al caldo malinconico che funesta le nostre notti e i nostri giorni inducendoci a pensare, ma in certi momenti le parole di Coulthard mi suscitano altre riflessioni, che riguardano noi, spettatori, che vogliamo e chiediamo. Noi, spettatori allo specchio.
Incidenti.
Siamo sicuri di volere incidenti? Siamo davvero certi che sia nobile e bello vedere rottami volare? Noi, gli stessi che ogni primo maggio piangiamo Senna e ora piangiamo Bianchi, noi che ci affezioniamo ai piloti seguendoli sui social e inseguendoli dal vivo, siamo davvero disposti a chiedere uno spettacolo in cui crescano i rischi di vederli farsi male?
Siamo ancora gli stessi, a distanza di duemila anni, che chiedevano panem et circenses agli imperatori romani e giustifichiamo una forma di voyerismo cruento con il saggio adagio motorport is dangerous, o citando alla bisogna Niki Lauda e i suoi affascinanti cavalieri del rischio? 
Oppure, come ritengo, siamo appassionati coinvolti e consapevoli, che guardiamo alle morti dei nostri beniamini - per qualcuno sono eroi - feriti dal rimpianto e grati per i progressi fatti nella sicurezza, ma che non sono disposti ad accettare che le emozioni di questo sport muoiano d'inedia, soffocate da una Matrix fatta di elettronica e regolamenti?
Cosa siamo ma cosa, soprattutto, vogliamo essere?
Domanda, questa, che mi sono posta più volte proprio quando ho iniziato a pensare di creare questo blog. Ricordate? Si era appena tenuto il Memorial Senna e ne scrissi diffusamente in un passaggio del post dedicato a quella manifestazione. Mi ci rivedo ancora, lì, nel prato della Tamburello assieme a tanti altri appassionati, assieme a Ratzenberger, a Senna e a Jules Bianchi. Specchiamoci.

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