lunedì 8 febbraio 2016

SezioneLaura - Al di là di un casco da pilota: Maria Teresa de Filippis e le donne in Formula Uno

Pubblicato su CircusF1 il 05/02/16
È un competere impari, sapete, con i colleghi uomini; e poi soldi e sponsor non sono facili da trovare. Magari avere qualche risultato utile nel carniere aiuterebbe ma, sapete, fare una carriera partendo dalle formule minori è un’impresa costellata di difficoltà. O, forse, MrE, perché nessuna donna dovrebbe preoccuparsi di altri caschi, se non di quelli da parrucchiere?

Quando lo dissero a Maria Teresa de Filippis immagino che non si diede pena nemmeno di rispondere ma tirò dritto per la sua strada; del resto, non si può sprecare tempo in simili argomentazioni quando si è ben consci di non dover dimostrare nulla, se non il proprio valore in gara. Qualche volta dovette tornare indietro, respinta dallo schieramento, ma quelle come lei indietreggiavano solo per prendere la rincorsa.
Scesa in pista in un’epoca in bianco e nero in cui gli alfieri del rischio erano i gentiluomini del volante, fra il 1958 e il 1959prese parte a cinque Gran Premi e fu la prima donna a calarsi in un abitacolo di Formula Uno, quando le gare erano polvere e sudore, fatica fisica e meccanica, sangue e leggenda. Corse fra i Maestri Ascari e Fangio e di tutti i colleghi fu amica rispettata; lei, nata nobile, si trovava a suo agio fra quei gentiluomini, che ne riconoscevano il talento e ne ammiravano il coraggio.
La chiamarono Pilotino, soprannome che rendeva omaggio al suo aspetto aggraziato e ne stigmatizzava le capacità maiuscole. Pilotino, al maschile: mai signora del volante, meno che mai pilotessa; questo perché le questioni di genere e concordanze passano in secondo piano al cospetto di abilità e risultati, di fronte ai traguardi tagliati con merito, in presenza di titoli e classifiche sudati con l’impegno. Maria Teresa de Filippis sarà ricordata perché fu una combattente caparbia che, con merito, si distinse in una competizione di soli uomini che era allora estrema anche per gli uomini, non solamente e semplicemente perché era una donna che amava le emozioni forti.
Abbattere le barriere e far sì che il talento approdi dove gli compete dovrebbe essere la sfida del nostro tempo, non solo della FormulaUno, perché favorire categorie, generi o portafogli a priori è una sconfitta grave quanto la discriminazione.
In conclusione, MrE, se una donna pilota arrivasse in Formula Uno con merito conclamato e titoli indiscutibili, sarebbe, come si augura Martin Brundle, “a buon diritto rispettata, ben supportata e benvenuta al massimo”. Quanto al venir presa sul serio, MrE, sarebbe solo questione di tempo.


Tempo di infilarsi il casco, come fu per Maria Teresa de Filippis.

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