venerdì 5 febbraio 2016

Sezione Laura - Minardi, Passator Cortese delle corse

Pubblicato su CircusF1 il 04/02/16

minardiGC-F1

Aldo Costa e Gustav Brunner. Michele Alboreto e Pierluigi Martini. Ferrari e Lamborghini. Fernando Alonso e Gaston Mazzacane. Campioni, meteore, grandi costruttori, progettisti geniali, ma anche fusioni, passaggi di quote, crisi finanziarie, motori che non spingono e telai da aggiornare, tenuti insieme dal grande collante della passione che tutto può e dalla leggendaria incapacità di arrendersi che decanta in certe terre come il Sangiovese nelle botti. A chi legava questi nomi pensavamo nell’alba assonnata della diretta di un Gran Premio inaugurale da Melbourne, stagione 2002: contatti, ritiri, sorpassi, uscite di pista, guasti e safety car, fino a quei due punti strappati sotto alla bandiera a scacchi, in barba a un differenziale che non voleva più saperne e a una Formula Uno già troppo distante e distratta.

Mark-Webber-Podio-Minardi
Quando un ancora sconosciuto Mark Webber scese dall’abitacolo della sua Minardi, quel pomeriggio, a Melbourne, fu come se si stappasse lo spumante lì e non sul podio, perché un misto di gioia, sorpresa, rabbia e rivalsa saltò assieme al tappo del cerimoniale e trascinò, nell’ebbrezza della festa, buona parte dei presenti in una collaterale e improvvisata cerimonia di  premiazione. Erano i primi punti in tre anni che l’orgogliosa scuderia faentina riusciva a raccogliere, punti contro: contro ogni pronostico, che la vedeva in ogni caso relegata nelle retrovie se non ritirata, contro i conti che non tornavano mai, all’inizio o alla fine del campionato, contro le leggi dell’aerodinamica e della meccanica, che mal si conciliano, in Formula Uno, con i bassi budget, contro le chimere degli sponsor che non pagano neanche da bere, figuriamoci i sedili, e, soprattutto, contro una visione mozzata della competizione, che porta a identificare lo sport con le grandi e famose Scuderie che tutto dominano, mentre lo sport, quello vero, si vive anche fra chi si disputa le briciole dabbasso, fra le cosiddette scuderie minori.

Giancarlo Minardi è stato ed è Passator Cortese delle Corse non solo perché la sua prima scuderia da competizione si chiamava Scuderia del Passatore, ma per quella sua peculiare capacità da traghettatore di talenti verso la massima formula. Gente come Ayrton Senna gli doveva debiti di gratitudine per essere stata promossa al momento giusto, aiutata ad avere visibilità quando serviva o solo incoraggiata, ma anche tecnici e progettisti che hanno scalato le vette della pit lane hanno piantato i primi chiodi grazie a lui e alla sua Scuderia Everest.  Resistere, per circa vent’anni – dall’esordio in Formula Uno fino alla cessione della Scuderia alla Red Bull Racing, che l’ha trasformata in Scuderia Toro Rosso – in un campo che ha mietuto illustri vittime, da Prost a Jaguar, completando ogni stagione, pur disponendo di risorse risibili e accordi ondivaghi con sponsor e fornitori, è un’impresa; riuscirvi conseguendo risultati e promuovendo giovani carriere è arte.
E così, benché siano fuori dalla Formula Uno, Giancarlo Minardi e la sua Scuderia sono sempre presenza fissa fra spettatori e appassionati; l’avventura, iniziata nel 1979, è ricominciata, lì dove i nostri “ragazzi forti” Marciello, Giovinazzi, Ghiotto, Fuoco e Lorandi sono pronti ad affrontare le piste del futuro: nelle formule minori. Come nella musica, dove minore è solo un’altra tonalità e non qualcosa di inferiore.

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