lunedì 17 agosto 2015

Road to Spa - Francorchamps. L'altra metà della pista

pubblicato originariamente su circusf1 il 17/08/15


Siamo quelle che, ogni maledetto fine settimana di sport, dobbiamo conquistarci l’attenzione a forza.
Siamo quelle che non capiscono che senso abbia guardare ventidue tizi che ripetono per un’ora e mezza sempre la stessa strada, mai che si cambi vista, o senso di marcia, chessò.
Siamo quelle che “ah però bel ragazzo quello, cos’hai detto che guida?”
Siamo quelle che se dici loro “Passeresti un fine settimana a Spa?” già immaginano bagni rilassanti e massaggi  emozionali, non ben consce dell’amara verità, come sapientemente illustrato in una simpatica vignetta che gira da qualche giorno sui social.
E sì, siamo anche loro: le grid girls.

Siamo questo e altro. Soprattutto altro. Le donne del motorsport non sono solo mogli e figlie annoiate e sopraffatte dalle passioni sportive di mariti e padri o modelle robotizzate che svolgono un lavoro come un altro, le donne del motor sport sono l’altra metà del cielo scesa a respirare scarichi e a carezzare pneumatici, le donne del motorsport sono l’altra metà della pista.
Tacerò di quelle che vedete: giornaliste, conduttrici, addette stampa, hostess e anche piloti. Mestieri sovraesposti per i quali il bell’aspetto e la scarsa avvenenza sono accomunati dall’essere allo stesso modo una colpa, dove la capacità effettiva o presunta è soverchiata dal richiamo pubblicitario e d’immagine, dove il pregiudizio – anche negli spettatori dello stesso sesso – e l’antico richiamo del “che cosa avrà  quella più di me o di quell’altro/ altra” è sempre presente ma tollerato, come una noiosa allergia stagionale.
Parlerei, più volentieri, di noi, le leonesse da telecomando e da tastiera: siamo tantissime, agguerrite, esperte e,  in particolare quelle come me che hanno una discreta memoria storica grazie all’anagrafe, avvezze a sopportare sguardi di sbieco da chi ci guardava e ci guarda come delle strane specie d’uomini.
Parlerei altrettanto volentieri di quelle che non si vedono ma pesano: ingegneri, amministrativi, tecnici, interpreti e anche meccanici. Oh, e anche due team principal, che si vedono e si fanno sentire.
Parlerò, invece, delle altre. Quelle che sono sul serio l’altra metà della pista. Mogli, fidanzate, madri, compagne, sorelle e figlie: visibili o no, comunque presenti; spesso esibite, molto più spesso discrete.
Donne che viaggiano al fianco di uomini che vivono una vita al limite, che rischiano accanto a loro e accettano tutti i rischi: gli incidenti durante la carriera e l’oblio dopo. Donne consapevoli che il loro mondo va condiviso con centinaia di migliaia di fan, haters, appassionati, sportivi e spettatori e che bastano un decimo di secondo, qualche centimetro di troppo o una gru a bordo pista per cancellarlo, quel mondo.
 Sono immagini piantate nella testa come un tormentone estivo, come lei, la regina dei ghiacci, Erja Hakkinen, che era sempre in piedi nel box;  come Viviane Senna e il suo dolore che è diventato memoria collettiva; come la mamma di Marco Simoncelli che consola Jorge Lorenzo al funerale del figlio. E come lei, frau Corinna:  sicura come una casa e forte come un sorriso, sempre, allora e soprattutto ora.

A voi, che correte a trecento all’ora sull’altra metà della pista, dedico queste mie quattro righe strampalate mentre mi avvicino a spa Francorchamps. Pochi sono coloro che, nel motor sport, svolgono un mestiere più arduo e pericoloso del vostro.

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