Il paraocchi è quello del tifoso
fazioso, sanguigno e infantile, che mi sforzo da sempre di lasciare imballato
nello scatolone che, prima o poi, il demone della passione motoristica italica
ti fa arrivare a casa.
Il mio è arrivato alla nascita, come i frequentatori di
queste pagine – l’eco e i lettori – ben sanno, è stato aperto ma è ancora là,
impolverato ma seducente. Alle volte invidio coloro che lo indossano, così
fieri e felici nella loro dieta ad alto contenuto di castronerie, così leggeri
nel loro status e così sicuri al riparo della loro numerosa fratellanza!
Il panegirico è quello che
strimpellano - o, presto o tardi,
strimpelleranno – tutti gli aedi a trecento all’ora sulle loro lire a tastiera.
Faccio parte del coro anche io, lo ammetto: l’ostentata fanciullezza,
l’atteggiamento rapace, il modo di vivere semplice, le danze sul bagnato, le
indubbie capacità, gli occhioni blu e le guanciotte … Ah, e infine la Malesia!
Era inevitabile. Inutile resistere. Mi sono arresa e mi concedo la citazione: I was an incognito Sebastian Vettel fan. Now I can call myself an official Tifoso.
Screenshot preso da qui oppure da qua per chi è ferrato in inglese. Ringrazio Qui e Qua e spero che Quo non mi rubi l'immagine! |
Perché “santo Patron”?
Santo,
perché il processo di beatificazione di un pilota subisce una massiccia
accelerazione allorchè egli passi a indossare una casacca rossa. Il fenomeno è
spontaneo e la causa è ricca di postulanti, ma questo qui si è portato avanti
con il lavoro già di suo, fra caschi celebrativi, conferenze stampa in
italiano, lacrime e sorrisi; se continua a inanellare risultati positivi in
pista, quella che, al momento, è solo una brulicante corrente interna alla
Grande Religione Pagana Rossa assumerà i contorni di un culto parallelo, con
tanto di gerarchie e ministri – quasi tutti col paraocchi e una buona parte pronti
al panegirico - al più tardi entro il prossimo Gran Premio d’Italia.
Patron, perché … Ah,
giusto: santo Patron come santo patrono! Ma che scontato calembour!
Eh no. Scontato non me lo ha mai detto nessuno. C’è sempre una ragione nei
miei calembours, però occorre una digressione.
È già da qualche mese che si
parla del debutto di Mick Schumacher nel campionato F4 tedesco, per la prima
volta a bordo di una monoposto dopo le competizioni in kart; eravamo a pranzo
nella nostra cucina, io e Colui Che Supporta e Sopporta, parlottando proprio di
questo e ricordando come Michael MicheleNostro
Schumacher fosse stato il mentore, il padre sportivo di Sebastian Vettel.
Quanto sarebbe bello – commentammo – se, ora che il papà è impossibilitato a
seguire da vicino il figlio, proteggendolo e consigliandolo, questa specie di
figlio putativo che lo venera come un idolo si mettesse a farne le veci? Bello
senz’altro, consolatorio come minimo, commovente a voler calcare, ma queste
cose, nella realtà non è che sempre accadano. Certo, c’è Alonso che segue
Carlos Sainz Jr, perfino Raikkonen che sostiene Felipe Nasr, ma questo è un
tipo schivo, uno che sparisce al di fuori della sua occupazione di pilota, chissà.
E invece ecco che ieri, fra un cinguettio e l’altro, mi passa sotto il naso
questa notizia: Sebastian Vettel nominato “patron” della F4. L’articolo è
esauriente e ce n’è anche uno sul suo sito. Che dire, oltre che mi fa piacere essermi sbagliata e che aspetto di
vederlo all’opera? Che tutto ciò è bello, consolatorio e commovente.
Buon proseguimento, allora, a tutti con il
campionato 2015, da oggi in poi la stagione del paraocchi, del panegirico e del
santo Patron.
P.s.: sapete dirmi dove si
tengono le selezioni per i ministri del nuovo culto?
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