Pubblicato su circusf1 il 02/11/15
Il tempo è stato incerto fino all’ultimo e, insieme alle
inconsuete problematiche portate dall’influenza dell’altitudine di oltre
duemila metri sulla componentistica delle monoposto, ha contribuito a rinfocolare
l’interesse su questo Gran Premio del
Messico. E poi quella curva da apnea e quelle tribune avvolgenti e
tracimanti di gioia sportiva …
Là davanti ci sono gli
imbattibili, i dominatori, questa volta a parti invertite; le Ferrari, una
piazzata bene, l’altra non troppo, partono all’arrembaggio; in mezzo tutti gli
altri, ognuno fermo nei propri propositi, chi di rivalsa, chi di continuità,
chi d’affermazione. Dal divano, a casa, ognuno si pasce nel proprio personale
auspicio: è subentrato l’appagamento, vedrete, ci sarà una partenza
fulmicotonica, un sorpasso mondiale;
qualche outsider dirà la sua, vedrete, il pubblico apprezzerà.
Dopo un primo giro di lotte, ecco che i soliti s’involano,
lasciando arretrati gli inseguitori, gli outsiders, che corrono un’altra gara,
come d’abitudine in questo campionato dal finale già scritto; ma dal fondo le
macchine rosse, identiche per colore e furore agli infuocati habaneros piccanti
che da queste parti sono un versatile companatico, si gettano in una irosa
rimonta di cuore e muscoli. Mancano solo nove giri alla fine e una Ferrari è in testa; gli imbattibili
stavolta sono stati fermati, traditi dalle gomme. Uno, perché l’altro è ancora
lì, nel mezzo, metro dopo metro, giro dopo giro ma … ricordate quella curva da
apnea di cui si parlava poco più sopra? L’altra Ferrari l’ha mandata giù tutta
d’un fiato e l’ha affrontata con un sorpasso di pura lussuria, lasciandosi alle
spalle un boato e l’altra monoposto imbattibile. Doppietta, recita l’almanacco, così come l’avevano cullata nei
propri sogni gli spettatori dal divano.
Dolcetto o scherzetto?
Poteva essere un sogno per la
Ferrari e invece è stato un incubo. Poteva essere una gara da
tequila e habaneros e invece ha evocato plaid e bromuro. Invece che Tutti I Santi
era ancora Halloween, con manovre monstre e figuracce in pista tali da
desiderare di essere mascherati per non farsi riconoscere.
Poca cosa dagli outsiders, se non dalle consistenti Force
India, dalle solite Toro Rosso e dalle sfortunate Red Bull.
E poi, quella curva da apnea non c’è più: si è trasformata
nella sua versione tilke.0, vale a
dire in un serpentone; serpentone abbracciato, però, da due ali di tribuna di
favoloso impatto. Peraltada ululì e
variante ululà.
A quale gara ho assistito, io, allora, che pare abbia visto
tutt’altro, appannata dai fumi di una qualche salsa messicana? Presto spiegato.
Avevo affermato che non mi sarei per nessuna ragione lasciata sedurre dal
rievocare le passate edizioni del Gran Premio del Messico. Mentivo.
Del resto, a sentire certe entusiastiche premesse, il
carburante per alimentare il sogno di un finale come quello del Gran Premio del Messico del 1990 c’era
e anche d’avanzo; la strada, però, è ancora lunga, ma è anche e soprattutto
merito di una consistenza ritrovata degli avversari se, in questo campionato,
non parliamo più di imbattibili ma
semplicemente di migliori.
Leggo in giro un ululare convulso di delusi &
amareggiati da questo o da quell’altro pilota, soprattutto di quelli di rosso
vestiti, fra rigurgiti di critiche e dubbi mai sopiti, mentre sostenitori
indefessi vanno allo scontro armati di fede incrollabile e solido paraocchi. La
verità è che vedere Sebastian Vettel mantenere stabilmente il secondo posto
assoluto e le Ferrari trionfare al Gran
Premio del Messico, magari in pariglia, era un romantico desiderio; quel che
non dobbiamo perdere di vista, però, è che, se solo ne avessimo parlato un anno
fa, ne avremmo sorriso come di sogni mostruosamente proibiti. Grandi cose sono
state fatte in questo 2015 e un weekend di traverso capita a tutti, così sono
le corse. Chiedete a Nigel Mansell, che ieri gigioneggiava sul podio, vero
esperto di questi argomenti: lui, di traverso, ci faceva anche i sorpassi!
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